Per anni, il primo vero rito di passaggio all’età adulta è stato l’ottenimento della patente di guida. Era il documento dell’indipendenza, il simbolo della libertà conquistata, il biglietto di sola andata verso un’autonomia tanto desiderata.
E oggi? Oggi la patente sembra essere diventata un cimelio vintage, qualcosa che si può anche evitare.
Secondo l’Osservatorio assicurativo di Segugio.it, tra il 2011 e il 2021 il numero di auto intestate agli under 25 si è praticamente dimezzato. Se un tempo i neomaggiorenni facevano la fila alla scuola guida, oggi molti di loro si accontentano dei mezzi pubblici, dei servizi di car sharing o, semplicemente, di restare a casa.
Ma è davvero una scelta consapevole o una rinuncia forzata?
Parliamoci chiaro: avere una macchina oggi è un lusso. Il costo per prendere la patente la si aggira tra i 700 e i 1.500 euro, ma non finisce qui. Il prezzo dell’auto (anche usata), l’assicurazione che per i neopatentati ha tariffe proibitive, la benzina che si fa sempre più cara e la manutenzione rendono l’intera operazione economicamente insostenibile per molti ragazzi.
In un’epoca di precarietà lavorativa e stipendi che definire “timidi” è un eufemismo, l’auto diventa un bene sacrificabile. La mobilità condivisa costa meno ed elimina le scocciature.
Un altro aspetto che gioca un ruolo cruciale è la sensibilità ambientale. I giovani di oggi sono più attenti all’impatto ecologico, o almeno così si dice. La bicicletta, il monopattino elettrico, i mezzi pubblici e i servizi di car sharing sono alternative più sostenibili.
Ma siamo sicuri che si tratti solo di coscienza ambientale e non di una razionalizzazione della rinuncia? Perché poi gli stessi giovani che rifiutano l’auto per questioni green non hanno problemi a cambiare smartphone ogni anno o a ordinare cibo a domicilio con consegne ultra-rapide?
C’era una volta il diciottenne che non vedeva l’ora di sottrarsi alla dipendenza genitoriale. Oggi, il trend sembra invertito: mamme e papà continuano a fare da autisti ai figli anche ben oltre l’adolescenza. Questo eccesso di protezione finisce per posticipare la necessità di prendere la patente. E così si rimanda, fino a quando non diventa superfluo.
Un tempo, avere una macchina significava potersi spostare, incontrare gli amici, vivere esperienze. Oggi tutto questo passa per lo smartphone. La socialità è virtuale, le relazioni si coltivano su chat e social network, le serate si passano in call piuttosto che in un parcheggio a chiacchierare sul cofano di un’auto. La libertà non è più legata alla mobilità fisica, ma alla connettività.
E allora perché sbattersi per prendere la patente quando un telefono da 1.000 euro offre tutto il necessario per essere “connessi” al mondo?
Siamo di fronte a un progresso, a una nuova mentalità più consapevole, oppure a un clamoroso passo indietro? La rinuncia alla patente è davvero un atto di maturità, una scelta basata su valori più elevati, o è solo l’ennesima dimostrazione di una generazione meno combattiva, meno disposta a lottare per l’indipendenza e più incline ad accettare una vita comodamente limitata?
Il futuro ci dirà se questa tendenza è destinata a consolidarsi o se, a un certo punto, torneremo a desiderare la libertà su quattro ruote. Nel frattempo, il volante resta vuoto, e a guidare sono le scelte di una società che cambia più velocemente della segnaletica stradale.
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