Rapporto sul benessere equo e sostenibile (BES): cosa emerge?


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Negli ultimi anni il dibattito sulla misurazione del benessere degli individui e delle società è emerso prepotentemente all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. Ci si chiede se le nostre società, gli stati nazionali, ma anche le comunità locali, stiano progredendo oppure non abbiano preso un trend involutivo.

Si discute dell’appropriatezza del metodo di calcolo del benessere di un Paese, di solito valutato prendendo ad esame il valore del PIL (Prodotto Interno Lordo), che misura il valore dei beni e servizi prodotti in un determinato Paese, nello specifico nostro in Italia. Essendo, però, un indicatore di natura prettamente economica, il PIL non tiene conto di tantissimi fattori che contribuiscono al benessere di un Paese e della sua popolazione.

Per questa ragione, da qualche anno, sono stati introdotti i cosiddetti “indicatori di benessere equo e sostenibile” (BES), inseriti ogni anno all’interno di un rapporto elaborato dalla commissione bilancio della Camera dei Deputati.

Questi indicatori rappresentano uno strumento da affiancare a quelli di natura economica, appunto il PIL, per restituire una visione d’insieme più completa delle reali condizioni in cui versa la popolazione italiana. Quindi, il Parlamento Italiano, con la legge n.163/2016, ha introdotto il benessere equo e sostenibile tra gli obiettivi della politica economia e sociale del Governo.

Per elaborare un rapporto di analisi del benessere equo e sostenibile, sono stati individuati 12 indicatori utili alla valutazione del benessere. Questi macro indicatori sono:

Salute Benessere economico Istruzione e formazione Lavoro e conciliazione tempi di vita

Benessere economico Relazioni sociali Politica e istituzioni Sicurezza Benessere soggettivo

Paesaggio e patrimonio culturale Ambiente Innovazione, ricerca e creatività e qualità dei servizi

Come è evidente, con questo strumento si supera l’idea che ad indicare lo stato di benessere di un Paese sia il suo livello di produzione e tenuta economica. Per ogni indicatore il Governo segnala delle iniziative da attuare per andare a migliorare la situazione attuale.

L’inclusione degli indicatori di benessere equo e sostenibile nel ciclo di programmazione economico-finanziaria apre la strada a una visione innovativa del rapporto tra le politiche pubbliche e la qualità della vita dei cittadini attraverso una vera e propria valutazione dell’impatto delle decisioni pubbliche su alcuni indicatori specifici.

I Governi italiani, da ora in poi, sono tenuti a valutare l’impatto delle politiche sulla diseguaglianza, sulla salute, sull’istruzione, sulle condizioni delle donne nel mercato del lavoro, sull’ambiente, sulla sicurezza dei cittadini ecc.

L’Italia è il primo paese dell’Unione Europea ad inserire obiettivi di benessere nella programmazione economica.

Tutto ciò non significa che l’obiettivo della crescita economica perda la sua centralità nella politica economica, bensì non ne è più l’obiettivo esclusivo. Temi come la crescita inclusiva e la riduzione delle diseguaglianze vengono così messi al centro del dibattito pubblico.

In base alla Relazione sul Benessere equo e sostenibile (Relazione BES) per il 2024, emerge un quadro complessivamente coerente con l’andamento positivo dell’economia italiana nell’ultimo biennio e l’intervento pubblico teso a sostenere la tenuta del tessuto produttivo e sociale, quali le azioni di mitigazione del caro energia e di sostegno alle imprese e ai redditi delle famiglie più vulnerabili.

Ci sono, però, alcuni indicatori che non migliorano, come ambiente e sicurezza, rinuncia alle cure mediche. Si evince anche un contrasto tra istruzione e svantaggio economico.

Tra le misure contenute nella legge di Bilancio 2024 che possono contribuire al miglioramento degli indicatori BES, si segnalano: il taglio contributivo per il lavoro dipendente, le azioni a sostegno dei redditi bassi, gli interventi per le madri lavoratrici e le famiglie numerose, il finanziamento del rinnovo dei contratti pubblici, l’aumento del finanziamento della spesa sanitaria.

A cura di Ernesto Meoli

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